Con una recentissima sentenza della III Sezione della Corte di Cassazione (Relatore Travaglino – n. 7766/2016) è ritornato in auge il “danno esistenziale”, che si pensava oramai perduto nella concentrazione dell’unitarietà del risarcimento, principio indiscusso negli ultimissimi anni della Suprema Corte.

Ed invece siamo ancora qui, per fortuna, a dibattere della duplicità di prospettiva del danno morale, una prospettiva interiore ed una esteriore. La prima va ad analizzare la cd. sofferenza interiore, ovvero la relazione del soggetto con sé stesso e con l’idea di sé, mentre la seconda, il cd. danno esistenziale, va ad incidere nel radicale sconvolgimento della dimensione della vita quotidiana, e cioè di quel rapporto dell’essere umano con la realtà esterna.

Giustamente la sentenza, andando anche ad analizzare le prospettive di riforma presente nel Ddl Concorrenza in discussione al Senato, limita tale duplicità di danno solo laddove si sia in presenza di casi particolari e gravissimi, o per meglio dire “eccezionali” rispetto alla normalità del danno alla persona.

Ed è proprio l’eccezionalità un requisito che pone e porrà dubbi interpretativi alla futura giurisprudenza di merito.

Analizzando la sentenza, infatti, il danno esistenziale difficilmente potrà essere inquadrato, ad es., nei danni ai soggetti macrolesi dalla nascita, proprio perché manca uno dei requisiti fondamentali, ovvero l’impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno cd. esistenziale, in tali sensi rettamente inteso, ovvero, se si preferisca un lessico meno inquietante, il danno alla vita di relazione)” (par. 2.3 della sentenza).

Ed anzi, forse impropriamente ed anche fungendo da monito alle istanze assicurative delle lobby, anche parlamentari, che vogliono diminuire il danno alla persona, la stessa sentenza indica che, mentre secondo quel medesimo disegno di legge il danno esistenziale avrà un limite massimo di aumento personalizzabile (il 30%), il cd. danno morale interiore non si vedrà sottoposto a tale limite, essendo possibile un suo aumento indiscriminato, ma sempre nell’alveo dell’equitatività.

Se vi è un insegnamento che tale sentenza vuole fornire ai spesso distratti giudici di merito è quello di non arrivare mai ad un calcolo immotivato ed automatico sulla personalizzazione del danno ma alla necessità di verificare caso per caso, e se possibile anche attraverso testimonianze ed allegazioni, il vero danno patito, al fine di arrivare ad un pieno ed integrale risarcimento del danno.

Cassazione Civile n. 7766/2016