Dopo un lungo contrasto la parola finale (almeno per ora) l’hanno messa le Sezioni Unite, deputate a decidere sul contrasto giurisprudenziale sul seguente quesito: il nascituro può reclamare il risarcimento del danno da nascita indesiderata?

In realtà il profilo della sentenza è duplice. Infatti nella presente causa i genitori avevano chiesto sia il risarcimento jure proprio – allegando il fatto che, se fossero stati messi a conoscenza dei problemi del nascituro, la madre non avrebbe portato a termine la gravidanza – sia il risarcimento come esercenti la potestà genitoriale della figlia allegando il fatto che si avrebbe un diritto a nascere “solo se sani” (chiedo scusa della volgarizzazione).

Pur non essendo d’accordo su alcuni passaggi delle Sezioni Unite che fanno emergere, attraverso l’uso di alcune parole, una forma non tanto velata di conservatorismo o “morale”, non si può che essere d’accordo invece sulla mancata titolarità, in capo al nascituro, di nascere solo se sani ovvero di poter richiedere un risarcimento in caso di nascita indesiderata a causa di processi morbosi non dipendenti da un fatto umano.

Più che il richiamo a principi giuridici credo ci si debba richiamare alla pura logica: attraverso un giudizio contrafattuale qualora la madre avesse deciso di non portare a termine la gravidanza non vi sarebbe stato nessun soggetto reclamante. Diverso, invece, sarebbe stato il caso di un nascituro con danni gravi riconducibili, però, al fatto colposo umano, da cui discende, ovviamente, il risarcimento del danno. Infatti la Corte non nega tout court la legittimazione ad agire del nato per fatti colposi accaduti ancora prima della nascita.

Da un punto di vista pratico-giuridico trovo, in verità, molto più interessante l’altro profilo che riguarda essenzialmente il regime della prova: quale dimostrazione deve poter dare la madre per dimostrare che non avrebbe partorito conoscendo le gravi anomalie del feto/nascituro? Sebbene tale regime sia ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità, purtroppo i giudici di merito, vuoi per carenze motivazionali, vuoi per mancata conoscenza concreta della materia, spesso non riescono ad utilizzare efficacemente tali principi di diritto.

Infatti bisogna partire dal presupposto che, se non esistessero le presunzioni semplici, alcuni tipi di prova assurgerebbero a delle prove diaboliche, ovvero impossibili da dare.

Come si potrebbe dimostrare che, se messi a conoscenza delle anomalie genetiche del feto, si sarebbe rifiutata la gravidanza? Sarebbe molto più semplice fornire la prova contraria attraverso la dimostrazione (o allegazione) di un forte sentimento religioso che porta a rifiutare l’aborto.

Sul punto, infatti, giustamente, la Sezioni Unite hanno accolto il ricorso poichè la Corte d’Appello, così come il Tribunale, non ha utilizzato il sistema delle cd. presunzioni semplici, ovvero una prova presuntiva da desumersi in base ai fatti allegati nonchè allre gole statistiche dei casi concreti, ciò che la Corte definisce praesumptio hominis, “che consiste nell’inferenza del fatto ignoto da un fatto noto, sulla base non solo di correlazioni statisticamente ricorrenti […] ma anche di circostanze contingenti, eventualmente anche atipiche, emergent dai dati istruttori raccolti”.

Sentenza